Tutti parati dietro lo schermo
nessuno si accorge delle trincee.
Il podcast della vita distrae
dalla fobìa della morte.
Il soffio all’orecchio,
nell’atrofia della gente,
è d’invertir le rotte
ma è un suono sordo
che nessuno sente.
Un occhio alla natura
dice che Gaia era malata
d’un cancro snaturato
denominato uomo.
Un focolaio al posto del fuoco,
una violenta pettinata
le strappa i nervi via dal capo.
Si alza un lenzuolo di vuoto
sulle strade, per le scale,
e nei tragitti in cielo.
Gaia respira!
Escono i cervi dalla pineta.
Sbucano dai vasi di fiori
maree di scarafaggi
in battaglioni militari
violano le frontiere,
invadono i paesaggi.
Si diffonde un veleno
che mina la libertà.
È un male universale,
la sovranità nazionale
scivola sul pantano
nel delirio mondiale.
Nella falce eugenetica
una febbre pandemica,
un vibrare invisibile,
una battaglia invincibile
nella corsia d’ospedale
dove non lottano soldati
ma medici e infermieri.
I cassieri nei supermercati
sedano la rappresaglia
del panico da carestia.
La casa diventa una barriera
una distanza sicura
una possibile biosfera
dove ricostruirci,
dove ripensarci.
E in questa resistenza
dobbiamo mantenerci
uniti, vivi
e immuni.
Apocalypse
All shielded behind the screens,
nobody notices the trenches.
Life’s podcast distracts us
from the phobia of death.
In people’s atrophy,
the whisper in the ear,
is to change course,
but it’s a dull sound
nobody heeds.
A glimpse at nature
confirms that Gaea was ill
with a degenerate cancer
named man.
A hotbed in place of fire,
a violent brushing
tearing the nerves from its head.
A sheet of emptiness
rises in the streets, up the stairs
and in the itineraries of the sky.
Gaea breathes!
Deer leave the pine groves.
Tides of cockroaches
in military battalions
pop out from vases of flowers
violating borders,
invading landscapes.
Poison spreads
undermining freedom.
It is a universal evil,
national sovereignty
slides into the marsh
of worldwide delirium.
In the eugenic sickle,
a pandemic fever,
an invisible vibrating,
an invincible battle
in the hospital wards,
where no soldiers
but doctors and nurses fight.
In the supermarkets,
check-out assistants sedate
the retaliation of famine panic.
Home turns into a barrier,
a safe distance,
a feasible biosphere
where to reenact ourselves,
where to rethink ourselves.
And, in our resistance,
we must remain
united, alive
and immune.
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