Natalie Corona
Ho spogliato il mio collo
del capillare d’oro
dal quale ciondola,
nell’armadietto,
un cristo appeso.
Il giubbotto mi protegge
il petto con il cognome
a strappo, orgoglio
di mio padre,
che lascia il volto
al bronzo messicano
nel suo riflesso
sul quale arresto,
con tenero sorriso,
un mio capello.
Gennaio sulle spalle
distratte della sera,
un coccio di lamiera
mi mandano da sola
in gabbia ho la pistola
e in mano una penna.
Scriverò il verbale
tornerò in centrale
chiamerò mia madre
scalderò un caffè.
Rapidi gli occhi attraversano
da una parte all’altra la scena
ho un tremito di freddo,
ma è la morte, che dal buio
schizza come la poiana
sul topo inerme, e lo divora.
La mano bianca dal cespuglio
mi punta al collo la pistola
e spara, spara, spara, spara.
Cado come un rigido steccato
d’intralcio nella corsa, cado
con uno schiaffo sul cemento
nella città che m’incorona
e mette fine ai sogni
di me ragazza scesa
dalla bicicletta,
appena laureata.
Chi sono io se non un’ombra?
Piombo coperto da mazzi di fiori,
nastri celesti abbarbicati ai tronchi,
una veglia di candele nella piazza,
migliaia d’occhi colmi di terrore,
un’isola che diventa ovunque
nel silenzio della pelle
che non ha più sudore,
una mamma che piange,
una targa in mio onore.
Natalie Corona
I’ve stripped my neck
of the golden capillary
from which
a hung Christ
sways in the locker.
The police vest protects
the chest with my velcroed
surname, the pride
of my father,
leaving his face
in the Mexican bronze
of its reflection,
on which I arrest
my hair
with a tender smile.
January looms over the distracted
shoulders of the evening,
a crunch of metal calls,
they send me alone
gun in my hoister
a pen in my hand.
I’ll write the report
head back to the station
call my mother
warm some coffee.
Swiftly I scan
the scene from side to side
tremble from the cold,
but it’s death that bolts
a buzzard on the powerless
mouse devoured it in the darkness.
From the bush the white hand
aims the gun to my neck
and fires, fires, fires, fires.
I fall as a stiff fence
as a hurdle in the race, I fall
with a slap on the cement
in the town that crowns me with laurels
after the dreams of a girl
who got off from her bicycle, to become an academy graduate.
Who am I if not a shadow?
Death covered by bunches of flowers,
light blue ribbons clinging to the tree trunks,
a wake of candles in the square,
thousands of eyes filled with dread,
an island turning into everywhere
in the silence of the skin
that doesn’t sweat anymore.
A mother crying.
A nameplate in my honor.
Comments