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Loris Bertolini e il suo #lavoronarrato

“Fin da piccolo ho guardato al lavoro con interesse perché capivo che per l’uomo lavorare è un bisogno, come mangiare, bere, fare l'amore; questo gli consente, grazie proprio alle sue capacità, di raggiungere qualcosa di apprezzabile sia a livello personale che sociale”.

Loris, ovvero mio padre, è entrato in fabbrica nel 1972 dove ha lavorato fino al 1995 come elettricista turnista di pronto intervento: “Dovevo intervenire per riparare un corto circuito o sostituire un meccanismo rotto dell’apparecchiatura elettrica. Tutto ciò mi faceva sentire un tecnico ed ero anche apprezzato da altri lavoratori che, a volte, mi domandavano come riparare i guasti della loro casa”.

Diventò responsabile della manutenzione dei carri ponti e gru: “Questo incarico mi rese più soddisfatto, facevo il turno che più mi conveniva e non avevo superiori che mi controllavano, ma avevo la responsabilità di dare spiegazioni e risultati riguardo al mio lavoro”.

La sua storia narrata:

Finite le scuole elementari, mio padre ha frequentato la scuola di avviamento agrario. Terminato il triennio avrebbe potuto continuare la scuola per periti agrari a Livorno, ma si presentò un’altra occasione: a Cecina aprirono il corso ANCIFAP (Associazione Nazionale Centri Iri Formazione Addestramento Professionale) e potette quindi studiare rimanendo nel suo Comune. Ottenne così la qualifica di installatore elettrico.

Un giorno ebbi la chiamata dallo stabilimento ILVA di Piombino che m’invitava a presentarmi nei loro uffici per una mia probabile assunzione. Sapevano che avevo l’attestato di frequenza al corso IRI per questo avrei fatto l’elettricista”.

Mio padre, che non conosceva ancora gli impianti elettrici industriali, rimanendo fedele al suo carattere sincero, disse semplicemente la verità. La persona preposta all’assunzione del personale apprezzò la sua onestà e la sua voglia di imparare a fare bene il suo lavoro, semmai fosse stato assunto.

Fu invitato a frequentare un corso per impianti elettrici industriali, alla fine del quale iniziò a lavorare nei reparti come elettricista.

Questo lavoro diventò una sfida impegnativa per me ma, anche grazie all’incontro di nuovi compagni, l’ambiente lavorativo mi apparve meno spaventoso.”

Con il tempo e la confidenza acquisita, si sentì più coinvolto anche nelle dinamiche di vita dei lavoratori. Mio padre è sempre stato un giusto, figlio decisamente di suo padre che gli aveva trasmesso valori di libertà e diritti. Per lui la fabbrica, così piena di ostilità e controversie, rappresentava anche una forza. Grazie a quel lavoro, infatti, si era reso economicamente indipendente, ma gli operai come lui avevano ancora tanto da lottare in fatto di rivendicazione: “ Prima di allora mi ero interessato poco di politica; mi interessavano di più le ragazze! Un giorno, in fabbrica, incontrai alcuni attivisti sindacali che domandavano di scegliere un sindacato al quale iscriverci. Io scelsi la CGIL perché mi sembrava veramente di sinistra. Dopo questa scelta volli seguire anche le attività sindacali, prendendo spesso la parola nelle riunioni per le problematiche del lavoro presenti”.

Mio padre si mise in evidenza attirando su di sé l’attenzione di molti colleghi e quando furono indette le elezioni sindacali chiesero la sua candidatura come rappresentante.

Il giorno delle elezioni, finite le votazioni e dopo lo scrutinio, mi fu comunicata la mia elezione a delegato sindacale di reparto, che comportò anche di far parte del Consiglio di Fabbrica. Da quel giorno, oltre alle ore lavorative, iniziai a trattenermi in fabbrica partecipando alle riunioni e alle assemblee. I delegati, ormai non più in carica, mi avevano lasciato l’impegno di portare a conclusione la nuova organizzazione del lavoro”.

Come conseguenza di ciò, gli fu affidata la nuova mansione di Capo turno.

“ Questa nuova attività mi condusse al superamento del quinto livello quindi ad una paga maggiore.”

La sua famiglia si era arricchita di un nuovo elemento, che sarei io, con tutto un carico di responsabilità e di bisogni nuovi. Diventare genitore, essendo l’unico con un salario, non era più qualcosa da prendere alla leggera ed ogni possibilità di aumento di stipendio fu un obbiettivo fondamentale da conseguire.

Il suo lavoro si intensificò, prendendogli fette enormi di vita, impedendogli di godersi la sua prima (ed ultima) figlia appena nata. Non poté assistere neanche ai progressi di crescita quotidiana, perché la stanchezza lo obbligava a riposare durante le ore a sua disposizione.

Un giorno il capo settore mi chiese se volevo occuparmi della manutenzione elettrica dei carri ponti e gru. Accettai, questo mi dette la

possibilità di non fare più i turni e come il calendario segnava una festività facevo finalmente festa!

Ero già ormai grande quando finalmente potemmo conoscerci meglio. Poi arrivò anche la pensione e mio padre, da allora impiega il suo tempo libero nelle attività sociali di volontariato, che porta avanti ancora oggi con determinazione!

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